Nello scorso articolo di #PilloleDiAstrofisica abbiamo visto quali sono le unità di misura utilizzate per misurare le distanze astronomiche. Vediamo ora come si misurano.
Per gli oggetti relativamente vicini si utilizza il già visto metodo della parallasse. In questo modo arriviamo a circa 100 anni luce di distanza; oltre questa distanza, l’angolo da misurare sarebbe troppo piccolo.
Si utilizza allora la ‘candela standard’. Sapendo cioè la luminosità effettiva di una stella e confrontandola con la luminosità apparente (quella che noi vediamo) si può dedurre la distanza. Una candela posta a 100 metri ha una luminosità che è 10.000 volte minore: la luminosità decresce infatti con il quadrato della distanza.
Il problema è che noi possiamo misurare solo la luminosità apparente, come possiamo conoscere quella effettiva?
Ci vengono in aiuto le cefeidi. Questo tipo di stelle ha una luminosità che varia nel tempo in maniera costante. Questo ci permette di calcolarne la luminosità effettiva nel tempo.
Un altro metodo è l’analisi dello spettro, cioè di come ci arriva l’insieme delle varie onde luminose che la stella emette. Anche in questo caso, a ritroso, si determina la luminosità assoluta della stella e, conseguentemente, la distanza.
Per distanze ancora maggiori (fino a miliardi di anni luce) si usa il metodo della misurazione della velocità di allontanamento e del relativo effetto Doppler di cui parlerò prossimamente. Sembra infatti che più una stella sia lontana, maggiore sia la sua velocità di fuga!
Questo ultimo aspetto l’ho già affrontato nella rubrica #FantAstrocando.
Ciao